Il dialogo filosofico analitico
Il dialogo filosofico analitico non si occupa di patologie ma di attrito prodotto dalla resistenza che il reale continuamente oppone all’ideale. Quello che viene ‘rimosso’ non è un ricordo doloroso, come in psicanalisi, ma il reale stesso, nella sua attualità. La conseguenza è la tendenza ad un’esistenza ancorata a concetti immobili. Fare esperienza di qualcosa, equivale correlare la materia dei fenomeni sensibili alla forma dei concetti, in un costante sforzo di aggiornamento delle nostre credenze ideali con i dati reali.
Questo sforzo di correlazione tra reale ed ideale produce un’esistenza autentica, rispetto al vivere inautentico in cui le strutture ideali della coscienza non vengono modificate.
Se la psicoterapia nasce con l’intuizione di un conflitto originario, il ‘sacrificio del soddisfacimento delle pulsioni a favore della società’, il dialogo filosofico analitico considera un altro tipo di conflitto, il sacrificio dell’esperienza del reale a favore di una vita concettuale vuota.
Quando la mente entra in contatto con un evento sensibile, se ne fa un’idea, ed è attraverso l’idea che la mente tende poi a guardare fenomeni della stessa specie. L’idea diventa allora una formalizzazione che può essere designata in via convenzionale, consentendo la parola ed il linguaggio. Ma l’idea è anche l’ostacolo principale all’osservazione dei fenomeni nella loro purezza originaria.
L’esistenza concettuale protegge dalla realtà, si nutre di astrazioni, e si ricombina in conclusioni astratte perché prive dell’esperienza. Lascia indifferenti e senza energia perché si priva della ricchezza del dato reale.